La rivalutazione delle pensioni
Le pensioni si rivalutano ogni anno sulla base dell’indice medio dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. Gli indici mensili, la media annuale e la percentuale di variazione sono calcolati dall’Istat che li comunica al Ministero dell’economia. Questo, ogni anno, di solito a novembre, emette un decreto di concerto con il Ministero del lavoro con il quale indica in via provvisoria la percentuale di perequazione automatica per le pensioni per l’anno seguente e rende noto il valore definitivo dell’aumento per l’anno in cui esce il decreto. Questo valore può coincidere o no con quello indicato l’anno prima in via provvisoria. Eventuali scostamenti sono conguagliati nell’anno successivo a quello di pubblicazione del decreto.
Con il 2014 è terminato il blocco dell’adeguamento al costo della vita stabilito dalla legge Fornero/Monti con il quale fu stabilito che, per gli anni 2012 e 2013, la perequazione automatica spettasse soltanto alle pensioni di importo complessivo non superiore a 1.405 euro. Alla fine del blocco era previsto il ripristino del sistema di perequazione precedentemente in vigore. Invece, con la legge di stabilità per il 2014 sono state adottate misure che limitano l’efficacia della perequazione automatica per altri tre anni. La legge di stabilità per il 2016 ha prorogato la scadenza di altri due anni, fino al 2018.
Dal 2019 si sarebbe dovuto tornare alla legge 388/2000, che prevede un sistema di rivalutazione per fasce di reddito anziché sull’importo complessivo delle pensioni (il 100% del’indice di rivalutazione fino a 3 volte il trattamento minimo; il 90% sulle fasce di reddito superiori a 3 volte e fino a 5 volte il minimo; il 75% sulle fasce di importo superiori a 5 volte il minimo). Non è stato così, di seguito riportiamo il sistema di rivalutazione attualmente in vigore.
Come funzionava nel 2021
La rivalutazione automatica delle pensioni è riconosciuta:
interamente, ai trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a quattro volte il trattamento minimo;
al 77% del valore dell’aliquota di aumento, alle pensioni di importo complessivo compreso fra quattro e cinque volte il trattamento minimo;
al 52%, alle pensioni di importo complessivo compreso fra cinque e sei volte il trattamento minimo;
al 47%, alle pensioni di importo complessivo fra sei e otto volte il trattamento minimo;
al 45%, alle pensioni di importo complessivo fra otto e nove volte il trattamento minimo;
al 40% alle pensioni di importo complessivo superiore a nove volte il trattamento minimo.
Nel 2020 l’indice definitivo di rivalutazione è stato 0,5% (provvisorio 0,4%). Quindi a gennaio 2021 sarà corrisposto un conguaglio positivo.
Per l’anno 2021 non è prevista la rivalutazione a causa dell’indice dei prezzi al consumo in negativo.
Come funziona nel 2022
La percentuale di variazione provvisoria per il calcolo della rivalutazione delle pensioni dall’1 gennaio 2022 è pari a + 1,7% interamente fino a quattro volte il trattamento minimo, salvo conguaglio da effettuarsi in sede di perequazione per l’anno successivo. La quota di pensione compresa fra quattro e cinque volte il trattamento minimo verrà rivalutata al 90% dell’indice di rivalutazione. Per la quota eccedente cinque volte il trattamento minimo, la rivalutazione sarà del 75% dell’indice di rivalutazione.
Fino a febbraio l’Inps ha provveduto a rinnovare le pensioni applicando l’indice provvisorio di rivalutazione dell’1,6%.
Da marzo l’Istituto dovrebbe invece rivalutare le pensioni sulla base dell’indice dell’1,7% previsto dal decreto ministeriale del Mef e a liquidare il relativo conguaglio dello 0,1% frutto dello scarto tra i due indici. Da aprile dovrebbe invece applicare le nuove norme fiscali.